Urgenza fisiologica ignorata, diritto al risarcimento per il dipendente
Un episodio grave e lesivo della dignità personale è alla base di una recente pronuncia della Cassazione, che ha riaffermato un principio essenziale: il diritto del lavoratore al risarcimento del danno morale quando venga compromessa la sua dignità sul luogo di lavoro, sperando che questo non capiti mai a scuola. Durante il turno di lavoro il dipendente, avvertito il bisogno di recarsi ai servizi igienici e non potendo, per disposizione aziendale, allontanarsi dalla postazione occorrendo la previa autorizzazione e sostituzione da parte di un Team Leader, aveva ripetutamente ma invano azionato il dispositivo di chiamata/emergenza, non ottenendo l’autorizzazione.
Pertanto, “giunto allo stremo della resistenza, in assenza di alternative, aveva lasciato la postazione ed era corso verso i servizi igienici “non riuscendo ad evitare di minzionarsi nei pantaloni”; ciò nonostante, aveva ripreso immediatamente il suo lavoro chiedendo tuttavia di potersi cambiare in infermeria. Ma anche questo permesso gli veniva negato, per cui solo durante la pausa aveva potuto cambiarsi presso il cd. Box Ute, “al cospetto degli altri lavoratori, donne comprese”.
È appunto a fronte di questo episodio, che il lavoratore aveva agito in giudizio e ottenuto il riconoscimento del danno morale, con conseguente condanna dell’azienda al risarcimento.
A fronte di una necessità impellente e non più procastinabile, non autorizzare il dipendente a lasciare la postazione per recarsi nei servizi igienici, e successivamente impedirgli, fino alla successiva pausa, di cambiarsi i pantaloni “bagnati”, fa scattare il diritto al risarcimento del danno per la “lesione della dignità”.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 12504/2025, che ha confermato la condanna di una casa automobilistica a pagare 5mila euro, ex articolo 2087 c.c., per violazione delle condizioni di lavoro.