Decisione di contrarre: cosa rischia chi non verifica il curriculum dell’impresa?
Ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023, salvo quanto previsto dagli artt. 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento di contratti di servizi e forniture di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici. Deve comunque essere assicurata la scelta di soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse, idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi/albi.
Pertanto, per l’emanazione della decisione di contrarre è necessaria la verifica del possesso delle esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali in capo all’operatore economico e una volta emessa, la decisione di contrarre attesta, ancorché implicitamente, il possesso dei requisiti.
La mancata verifica dei requisiti può integrare il reato di cui all’art. 479 c.p. «Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici» in quanto la decisione di contrarre vale, anche implicitamente, a certificare il possesso dei requisiti (Cassazione, V sez. pen., Sent. n. 2153 del 17.01.2025).
In particolare, nell’applicazione dell’art. 479 c.p. non si intende nel senso che è necessario che l’atto faccia espresso riferimento all’accertamento dei presupposti cui è subordinata la sua emanazione, «poiché quando una determinata attività del pubblico ufficiale, non menzionata nell’atto, costituisca indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell’attestazione deve logicamente farsi riferimento al contenuto o tenore implicito necessario dell’atto stesso, con la conseguente irrilevanza della relativa omessa menzione (non di rado scaltramente preordinata) ai fini della sussistenza della falsità ideologica (Sez. U, n. 7299 del 30/06/1984, Nirella, Rv. 165603).
Gli Associati possono consultare la Sentenza n. 2153 del 17.01.2025 Cassazione, V Sez. Pen.