Per una certa disinformazione o superficialità è possibile che una persona venga inserita in un gruppo Whatsapp o in una chat senza aver prestato il suo consenso. 

È possibile diffondere il numero di telefono altrui? Alla parola social fa da contrappeso il consenso.

Va sottolineato che il numero di telefono è considerato un dato personale coperto da privacy: diffondere il numero del cellulare o  del fisso, senza il consenso del proprietario, costituisce reato (Corte Cassazione, Sez. III Pen., Sentenza 8.6 – 4.9.2018, n. 39682).

La Corte di Cassazione Sez. III Pen. con Sentenza 14.11.2019, n. 46376 ritiene che l’avere diffuso il numero di telefono cellulare mediante il suo inserimento in una chat, in assenza di consenso dell’interessata, costituisca reato punito dall’art. 167, comma 1, in quanto la condotta contestata è avvenuta in violazione del d.lgs. n. 196/2003. 

La registrazione dell’utenza cellulare in siti internet di un soggetto senza il consenso dell’interessato, requisito previsto in via generale dall’art. 6 del GDPR, costituisce condotta che, se compiuta al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, e arreca nocumento all’interessato, integra la fattispecie di reato anche nella nuova configurazione in quanto condotta in violazione di quanto disposto dall’art. 125, comma 5, del medesimo Codice della Privacy che consente il trattamento del dato del traffico limitatamente ai soli soggetti autorizzati e per limitati fini ivi indicati.

Il reato commesso è, pertanto, illecito trattamento dei dati personali di cui all’articolo 167 capo II del d.lgs. 196/2003, il Codice della Privacy come modificato per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679. 

Per effetto di tali modifiche, la norma ora dispone che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all’interessato, operando in violazione di quanto disposto dagli artt. 123, 126 e 130 o dal provvedimento di cui all’art. 129, arreca nocumento all’interessato, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e sei mesi.

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