Biagio e Giuditta, memoria e legalità a scuola E noi? Possiamo dire di “avercela messa tutta”?
Questo non è un contenuto “professionale” come gli altri. Come donne e uomini di scuola vogliamo iniziare la settimana nel ricordo di Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella, due alunni palermitani vittime indirette della lotta contro la mafia, per chiederci se davvero, ogni giorno, ce la stiamo mettendo tutta nel segno della legalità e della trasparenza
Non un contenuto come gli altri
Questo non è uno dei nostri consueti contenuti “professionali”, tecnici o normativi.
Oggi, come donne e uomini di scuola, vogliamo iniziare la settimana fermandoci.
Nel silenzio del ricordo di Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella, due ragazzi come i nostri studenti, due alunni di una scuola palermitana, vittime indirette della lotta contro la mafia, sentiamo il bisogno di dare un significato diverso al nostro stare a scuola e al nostro lavorare per la scuola.
Come comunità di Dsgaonline scegliamo consapevolmente di aprire così la settimana: non con un aggiornamento normativo o una scheda operativa, ma con un momento di memoria e di coscienza.
Chi erano Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella
È il 25 novembre 1985. Palermo è attraversata da una stagione di violenza mafiosa che rende necessarie misure di protezione eccezionali per magistrati e rappresentanti dello Stato.
All’incrocio tra via Libertà e piazza Croci, un’auto dei Carabinieri di scorta ai giudici Paolo Borsellino e Leonardo Guarnotta sbandò travolgendo alcuni ragazzi del Liceo classico “G. Meli” che aspettavano l’autobus per tornare a casa.
Tra quei ragazzi c’erano Biagio Siciliano, 14 anni, e Maria Giuditta Milella, 17 anni. Biagio morì sul colpo, Giuditta pochi giorni dopo in ospedale. La loro vita, i loro sogni, le loro famiglie e l’intera comunità scolastica furono segnati per sempre.
Biagio e Giuditta sono vittime indirette della lotta contro la mafia: giovani che pagano il prezzo di un contesto in cui la criminalità organizzata costringe a vivere in emergenza, sotto scorta, in una città dove la normalità viene continuamente negata.
Ancora oggi, a distanza di anni, Palermo continua a ricordarli con momenti di memoria, targhe, cerimonie, iniziative nelle scuole. Non per ritualità, ma perché la loro storia ci ricorda che la lotta alla mafia non è un fatto astratto: entra nelle vite, nelle classi, nelle famiglie, nelle nostre scuole.
Le parole del professor Visconti: una domanda che ci riguarda
Nel ricordo di Biagio e Giuditta, risuonano forti le parole del professor Costantino Visconti – Direttore del Dipartimento DEMS presso l’Università degli Studi di Palermo – che si rivolge idealmente a Giuditta, rievocando anche il sorriso e l’impegno di Paolo Borsellino, di “un papà che può dire: io ce l’ho messa tutta”.
Da queste parole nasce un interrogativo che non possiamo eludere, né come cittadini né, soprattutto, come persone di scuola. Una domanda semplice nella forma, ma profondamente esigente:
“E noi? Possiamo dire di avercela messa tutta?”
Questa domanda non è uno slogan, non è un titolo ad effetto. È uno specchio.
Ci chiede di guardarci dentro, come Dirigenti, DSGA, Docenti, Personale Ata, Educatori, e di domandarci con sincerità:
– nel nostro modo di lavorare,
– nelle scelte organizzative e amministrative,
– nella relazione con studenti e famiglie,
– nel modo in cui viviamo e difendiamo le regole,
possiamo davvero dire di avercela messa tutta?
E noi? Possiamo dire di “avercela messa tutta”?
Nel ricordo di Biagio e Giuditta, questa domanda diventa un impegno.
Non basta celebrare la memoria, occorre lasciarsi cambiare dalla memoria.
Per noi donne e uomini di scuola, “mettercela tutta” significa:
– scegliere ogni giorno la legalità come criterio delle nostre decisioni, anche quando è più scomodo;
– vivere la trasparenza non come adempimento formale, ma come modo di rendere comprensibili, corrette e condivise le nostre scelte;
– contrastare l’indifferenza e le piccole giustificazioni del “tanto fanno tutti così”;
– fare della scuola un luogo in cui i ragazzi possano vedere la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo.
Donne e uomini di scuola: la responsabilità quotidiana
Il nostro lavoro, spesso, si svolge “dietro le quinte”: tra scadenze, procedure, atti amministrativi, bilanci, gare, regolamenti. Ma è proprio lì che si gioca una parte decisiva della nostra credibilità educativa.
Ogni firma, ogni determinazione, ogni procedura può essere segnata:
– dalla superficialità o dalla cura,
– dal favore o dall’equità,
– dall’opacità o dalla trasparenza.
Nel ricordo di Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella, vogliamo dirci con franchezza che:
– la legalità si costruisce anche in segreteria, negli uffici, nelle scelte contabili e organizzative;
– la trasparenza non è solo pubblicazione di atti, ma modo di lavorare, di comunicare, di rendere conto;
– la memoria non è nostalgia del passato, ma responsabilità verso il presente dei nostri studenti.
Iniziare la settimana con una promessa
Scegliamo di iniziare questa settimana così: con i nomi e i volti di Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella nel cuore, e con la domanda del professor Visconti come bussola interiore:
“E noi? Possiamo dire di avercela messa tutta?”
Che ognuno di noi, nel proprio ruolo – dirigente, DSGA, docente, personale ATA, educatore – possa trasformare questa domanda in una promessa personale e collettiva:
– provare davvero a mettercela tutta,
– perché la scuola sia ogni giorno, concretamente, un luogo di legalità, trasparenza e dignità per tutti.
Nel nome e nel ricordo di Biagio e Giuditta, la nostra settimana inizia da qui.


