Recupero somme indebitamente erogate dalla P.A.

Il caso non riguarda la scuola, ma un comune e un suo ex dirigente: la conclusione è però molto rilevante anche per la scuola, e si è chiusa con la decisione della Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 17320 del 2024. 

Ad un dipendente ex dirigente era stata versata una cifra importante sotto forma di retribuzioni di posizione e di risultato che, successivamente, erano state ritenute non dovute. Secondo il Comune queste somme non trovavano riscontro nella contrattazione collettiva e mancavano di copertura finanziaria adeguata nei fondi destinati. 

L’ex dirigente ha ricorso facendo riferimento all’art. 4 D.L. n. 16/2014, convertito in legge n. 68/2014, sostenendo che la norma prevedeva modalità diverse per il recupero delle somme indebitamente percepite, escludendo l’azione diretta contro il dipendente. La Cassazione ha però respinto questa interpretazione, confermando che la P.A. può procedere al recupero delle somme direttamente dal lavoratore, come peraltro stabilito dall’art. 2033 c.c.. A sostegno di questa tesi, la Corte ha richiamato precedenti pronunce (Cass. nn. 23419/2023 e 17648/2023).

Con questa decisione, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’ex dirigente, confermando la legittimità dell’azione intrapresa dal comune per recuperare somme non dovute. La sentenza ribadisce un orientamento consolidato in giurisprudenza: le somme erogate senza titolo ai dipendenti pubblici devono essere restituite, indipendentemente dalle eventuali lacune nella contrattazione collettiva o nelle delibere interne dell’amministrazione.

La decisione sottolinea inoltre che l’art. 4 del D.L. 16/2014 non limita il diritto delle PP.AA. di richiedere il rimborso direttamente dai dipendenti, confermando così il principio della condictio indebiti nei rapporti di lavoro pubblico

Questa sentenza diventerà probabilmente un importante precedente per i casi riguardanti le retribuzioni indebitamente corrisposte ai dipendenti pubblici. 

Gli Associati possono leggere la Corte di Cassazione, Ordinanza n. 17320 del 2024.

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