La notifica con PEC non iscritta nei pubblici registri è inesistente

L’articolo 3-bis, comma 1 della L. 53/1994 prevede espressamente che “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 3093/2020 ha confermato il principio, sostenendo che “La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”, precisando che l’elencazione dei Pubblici Registri non è esclusiva, ma tassativa e fondata sulla pubblica riconducibilità dell’indirizzo al soggetto.

Secondo un orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito ormai consolidato, la notifica degli atti tributari sostanziali e processuali, effettuata mediante un indirizzo PEC non iscritto nei pubblici registri ( INIPEC, IPA e ReGIndE), è inesistente e, come tale, non suscettibile di sanatoria. 

Utilizzando un indirizzo PEC non certificato e non inserito in pubblici registri, infatti, il messaggio di posta elettronica difetta di un requisito indispensabile, non consentendo al destinatario di essere messo in condizioni di conoscerne il contenuto; risulta totalmente minata la certezza della provenienza dell’atto, a fronte dell’oggettiva impossibilità di riferire l’indirizzo PEC utilizzato, ad esempio, all’agente della riscossione, conseguendone la sua inesistenza e impossibilità di operare la sanatoria per raggiungimento dello scopo. 

È utile ricordare che gli indici pubblici degli indirizzi di PEC e dei domicili digitali sono:

  • INI-PEC, l’indice nazionale che raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle imprese e dei professionisti presenti sul territorio italiano;
  • IPA, l’indice dei domicili digitali delle PP.AA. e dei gestori di pubblici servizi (gestito dall’Agenzia per l’Italia Digitale).

A questi si aggiunge il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della Giustizia, che contiene gli identificativi nonché la PEC dei soggetti abilitati esterni, cioè appartenenti ad un ente pubblico,  professionisti iscritti in albi/elenchi istituiti con legge e ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria. 

Questo registro non è però liberamente consultabile, è necessaria l’identificazione contenente un certificato di autenticazione.

Condividi il contenuto se lo trovi interessante