Questo è stato il primo “loop” mentale che mi rimbombava in testa già pochi giorni dopo l’inizio della mia esperienza da neo Direttore.
Una gioia indescrivibile, quella provata dopo aver vinto il concorso – percepita quasi come una benedizione celeste, sopratutto in periodo di pandemia – che però si é infranta ben presto contro il rigido e freddo muro della realtà.
Una realtà quotidiana fatta di scadenze (innumerevoli) tempistiche strette, strettissime (quasi soffocanti), password varie ed eventuali a destra e a manca. Un vero e proprio campo minato di adempimenti, pronti a scoppiarti tra le mani.
Per non parlare poi dell’incomprensibile Argo stipendi o (peggio ancora) del Desktop telematico: e chi aveva il coraggio di aprirli?
Contrattazione di istituto, Irap, 770, il programma annuale (e chi lo aveva mai visto davvero il programma annuale?!), e altre N rilevazioni (di ogni genere e sorta) che saltavano fuori come i funghi da ogni possibile gruppo whatsapp .. che per mesi sono stati (e continuano ad essere) l’unica vetrina di confronto (rectius: conforto) tra noi nuove reclute del ministero dell’istruzione.
Una realtà stracolma di punti interrogativi e domande (a volte, comprensibilmente alla nostra inesperienza, anche le più banali) ma purtroppo altrettanto povera di risposte.
Si lavorava alla giornata insomma.
Ricordo ancora il senso di impotenza davanti lo schermo del pc i primi giorni, una scrivania piena di fascicoli chiusi da spulciare, e l’ansia di combinare qualche guaio mentre smanettavo le prime volte per prendere confidenza con il gestionale del bilancio della scuola (non sapendo che da lì a poco sarebbe diventato un grande amico), e tutto questo nella speranza di trovare il bandolo di una matassa molto più grande e ingarbugliata di noi.
La scuola doveva marciare avanti, non poteva permettersi di rallentare per aspettarci. Eravamo noi che, volenti o nolenti, dovevamo correre per starle al passo stando attenti al contempo a non inciampare (sai che botta altrimenti!).
Non sono mancati pianti serali, interi pomeriggi passati a scuola a districarsi tra le carte di qualche preistorico Pon da chiudere, e il pensiero – ammetto costante – di non avere ancora delle spalle abbastanza larghe da far fronte con la dovuta attenzione a così tante responsabilità.
A chiudere il cerchio, il COVID-19: un’emergenza dopo l’altra, tanto che si è perso il conto delle sanificazioni ambientali dei locali scolastici e delle determine dirigenziali d’urgenza, fatte oggi per domani (e perché no, a volte anche oggi per oggi).
Giorno dopo giorno, però, le acque si andavano calmando, forse perché quelle spalle iniziavano a farsi finalmente più larghe o forse perché ai nostri occhi subentrava una visione più lucida del nostro ruolo da Direttori, e questo certamente non solo grazie alla nostra grinta ma anche grazie all’aiuto telefonico di qualche collega misericordioso con qualche anno d’esperienza in più che ha speso il suo tempo per aiutarci a uscire sani e salvi da questo Jumanji.
Ed é stato così che già dopo qualche mese ho capito il segreto per prendere tutto con più calma e mi sono detta: “tranquilla, perché tanto la proroga arriva sempre il giorno prima della scadenza”.
.. insomma, é proprio vero che fa sempre più buio poco prima dell’alba.
Passavano i mesi e piano piano ho assunto coscienza e consapevolezza della centralità del ruolo di DirettoreSGA nella realtà scolastica, che confermo essere uno degli ingranaggi fondamentali per una scuola di qualità.
Una figura però forse troppo relegata ai margini delle proprie reali competenze amministrative, contabili e fiscali – considerata anche la fisiologica distrazione dirigenziale causata dal complesso coordinamento degli organi collegiali e dalla gestione del corpo docente per l’esplicazione di competenze educativo-didattiche.
E già perché, sulla base della breve – seppur intensa – esperienza professionale fin qui maturata, ritengo che quello tra il Dirigente Scolastico e il Direttore S.G.A. é un rapporto tanto fondamentale quanto delicato che – per omaggiare il mio passato da giurista – definirei in senso lato una sorta di convivenza “more uxorio”, espressione con la quale s’intende genericamente la famiglia di fatto, ossia l’unione stabile e la comunione di vita spirituale e materiale tra due persone, non fondata sul matrimonio.
Ma se così é, allora è proprio in virtù di questa fisiologica distrazione dirigenziale che è assolutamente necessario recuperare nell’attuale configurazione dei rapporti una certa dose di equiordinazione tra le due figure (dirigenziale e direttiva) nell’ottica di un più intenso collegamento tra funzioni, poteri e responsabilità nella consapevolezza che il mondo della scuola esprime un sistema di qualità individuali e professionali e di capacità comunicative che si bilanciano le une con le altre e non una piramide di mere competenze gerarchiche.
In conclusione, auspico che le prossime riforme normative possano evidenziare, sottolineare ed implementare maggiormente la funzione direttiva, con il riconoscimento nei confronti del DSGA di una progressione verticale non solo per profilo ma anche – si spera – per trattamento economico.
Giuliana Imburgia