La prescrizione dei crediti retributivi del dipendente pubblico

Nel pubblico impiego la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori decorre anche in costanza di rapporto. Lo precisa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36197/2023; il principio vale non solo per i rapporti a tempo indeterminato, ma anche per i rapporti a tempo determinato e in caso di successione di rapporti a tempo determinato. 

Pertanto, i dipendenti che vogliono avanzare pretese devono attivarsi tempestivamente, entro un quinquennio dal momento in cui sorge il loro diritto di credito: è confermata la differenza di trattamento rispetto al settore privato.

Si tratta di una pronuncia a lungo attesa che ha affermato il seguente principio di diritto: “La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato decorre sempre […] in costanza di rapporto (dal momento di loro progressiva insorgenza) o dalla sua cessazione (per quelli originati da essa), attesa l’inconfigurabilità di un metus.”

Con altre parole i giudici sottolineano che il dipendente pubblico, con qualsiasi tipo di rapporto, ha meno timore reverenziale (metus) verso il datore di lavoro e anche se il rapporto è a tempo determinato il dipendente pubblico risulterebbe meno timoroso, perché la sua aspettativa di stabilità e continuazione del rapporto è garantita in modo adeguato e suscettibile di tutela.

È recente la sentenza TAR n. 16305/2023 con cui è stata bocciata la differenza tra regole nel pubblico e nel privato; in particolare da gennaio 2024 le fasce di reperibilità alla visita fiscale sono diventate uniche, applicate sia ai lavoratori privati sia ai dipendenti del pubblico impiego (messaggio INPS n. 4640 del 22.12.2023).

Di conseguenza la decisione assunta per la prescrizione dei crediti retributivi potrebbe sembrare in contrasto con il principio di non discriminazione elaborato in ambito europeo e in ambito interno, con i principi di uguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e con la tutela del diritto al lavoro (artt. 4 e 35 Cost.).

Gli Associati possono leggere la Sentenza n. 36197 del  28 dicembre 2023 Corte di Cassazione – Sezioni Unite Civili

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