Nel cognome dei figli l’eguaglianza fra i genitori

L’automatica attribuzione del solo cognome paterno “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”. Ciò comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. 

È quanto si legge nella sentenza n. 131/2022, con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile “nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”. 

L’illegittimità costituzionale è stata estesa anche alle norme sull’attribuzione del cognome al figlio nato nel matrimonio e al figlio adottato.

Quando è sollevata una questione di costituzionalità di una norma di legge – in via diretta o in via incidentale nell’ambito di un processo – la Corte costituzionale conclude il suo giudizio con una pronuncia di accoglimento che dichiara l’illegittimità costituzionale della norma, se la questione è ritenuta fondata, oppure con una pronuncia di rigetto che dichiara la questione non fondata. 

In questo caso viene ribadita l’eguaglianza giuridica e morale dei coniugi: il matrimonio si fonda sul principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti che la legge stabilisce per garantire l’unità familiare. I coniugi, pertanto, a differenza che in passato, hanno gli stessi diritti, che dovrebbero esercitare congiuntamente e di comune accordo, e gli stessi reciproci doveri: alla fedeltà, all’assistenza, alla collaborazione e alla coabitazione. 

Ma c’è anche il diritto al nome: consiste nel diritto fondamentale di ciascun individuo di poter utilizzare il proprio nome in maniera identificativa, cioè in modo tale da potersi distinguere ed essere riconosciuto dagli altri in modo unico. Esso è dunque un tratto essenziale dell’identità personale di ciascuno ed è tutelato sia a livello costituzionale – quale diritto inviolabile che viene acquisito alla nascita e ci appartiene per tutta la vita senza che nessuno possa privarcene o utilizzarlo senza permesso (articolo 2 e 21) – sia a livello di legislazione primaria, che prevede forme di tutela contro qualunque eventuale utilizzo illecito del proprio nome (articoli 6 e 7 del codice civile). 

Gli Associati possono leggere la Sentenza n. 131/2022 della Corte Costituzionale.

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