Le competenze “soft” per le PP.AA.
Di solito quando si guarda alla P.A. si pensa ad un monolite antitetico rispetto al concetto di modernità; le crisi degli anni successivi al 2008 ci hanno consegnato un settore pubblico numericamente più snello, a seguito dei blocchi ripetuti delle assunzioni, ma anche più anziano – l’età media dei dipendenti che ha superato ormai i 54 anni – e con competenze digitali limitate. I laureati oggi sono ancora in gran parte fuori dalle PP.AA. ma anche all’oscuro del lavoro di qualità che il settore pubblico può offrire, anche per il blocco decennale dei concorsi pubblici.
In un contesto in rapido cambiamento anche il volto della P.A. è perciò in evoluzione. Perché si realizzi il necessario processo di rinnovamento occorre sia realizzato un epocale investimento sulle persone: da un lato attraverso il ricambio generazionale e dall’altro attraverso la valorizzazione, con interventi mirati e tempestivi, dei nuovi ingressi e delle persone che già lavorano nel pubblico, agendo contemporaneamente sulle leve della selezione delle nuove competenze necessarie, su quelle della formazione specialistica, nonchè su modelli di organizzazione innovativa e strumenti per la valorizzazione dei dipendenti più meritevoli.
Sul fronte del reclutamento, molte PP.AA. stanno ricercando anche profili diversi da quelli giuridici, economici e contabili, tradizionalmente molto presenti nel pubblico. Sono infatti più frequenti le selezioni/concorsi rivolti a professionalità tecniche: informatici, statistici, ingegneri, architetti, data scientist e esperti di innovazione e intelligenza artificiale. Ma non bisogna cadere nell’equivoco che siano solo i saperi “specialistici” ad essere fondamentali nella costruzione di PP.AA. pienamente capaci di soddisfare i crescenti bisogni di servizi innovativi espressi da cittadini/imprese.
Bisogna avere la consapevolezza che non bastano soltanto funzionari dotati di ottime hard skills: occorre selezionare/formare persone con ottime competenze di base ma anche e soprattutto capaci di lavorare con intelligenza emotiva, mettendo a frutto soft skills che vanno specificamente “allenate” affinché i dipendenti pubblici possano fattivamente mettere le proprie competenze tecniche al servizio della collettività, abbandonando i formalismi burocratici.
In particolare, le soft skills è opportuno siano valutate già in fase di selezione dei dirigenti.
Il buon reclutamento della classe dirigente pubblica di questo Pese deve passare infatti sempre più attraverso la valutazione di competenze relazionali, di risoluzione dei problemi e dei conflitti e competenze di anticipazione e gestione dei cambiamenti.
Nessuno oggi può predire con sufficiente precisione l’effetto dirompente che potranno avere, per esempio, i big data e la blockchain sul modo di operare delle PP.AA. del futuro.
Le migliaia di nuovi civil servants dovranno poi essere adeguatamente formati, sensibilizzati e fatti “crescere”, puntando anche su una cross contamination di esperienze, in particolare tra settore pubblico e settore privato, che riesca a innescare quel cambio di passo in termini di capacità amministrativa, che oggi appare assolutamente cruciale, in particolare, per la programmazione e la spesa delle ingenti risorse destinate all’Italia dal programma Next Generation EU.