Stress da lavoro? Risponde il datore di lavoro anche se non c’è mobbing

L’ordinanza n. 2084/2024 della Corte di Cassazione riguarda la responsabilità del datore di lavoro in caso di stress lavorativo, anche in assenza di vero e proprio mobbing: il datore di lavoro è responsabile per i danni alla salute del dipendente causati da un ambiente lavorativo troppo stressante, anche se le singole condotte non integrano gli estremi del mobbing. 

La Cassazione rileva, preliminarmente, che la tutela dell’integrità psicofisica del lavoratore non ammette deroghe, in ragione di fattori quali l’ineluttabilità, la fatalità, la fattibilità economica e produttiva, nella predisposizione di condizioni ambientali sicure.

Per la sentenza il datore di lavoro ha l’obbligo di astenersi, non solo da comportamenti gravi come mobbing, straining, molestie e stalking (alcuni anche di possibile rilevanza penale), ma anche da iniziative, scelte o comportamenti che possano ledere, in qualche modo, la personalità morale del lavoratore.

 In particolare, la sentenza afferma che il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare la salute dei dipendenti, oltre alla prevenzione del mobbing, e include la garanzia di un ambiente di lavoro non logorante e non fonte d’ansia e rispettoso dei principi ergonomici.

Infatti, è richiamato l’art. 2087 c.c., che impone al datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. 

In sintesi, l’ordinanza della Cassazione n. 2084/2024 estende la tutela del lavoratore, non limitandola al solo mobbing, ma riconoscendo la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. anche in caso di sussistenza di condotte lesive (anche colpose), cioè di un ambiente di lavoro stressogeno che arrechi danno alla salute del dipendente. 

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