Violazione della libertà di religione?

Il caso “belga” riguardava tre giovani donne musulmane che lamentavano di non poter indossare il velo islamico nelle loro scuole secondarie, a causa del divieto di indossare qualsiasi simbolo visibile del proprio credo nel sistema educativo ufficiale della Comunità fiamminga. La Corte belga ha ritenuto che, in una società democratica, lo Stato potrebbe limitare e addirittura vietare l’uso di simboli religiosi da parte degli alunni/studenti in un ambiente scolastico/universitario, senza violare il diritto garantito a tutti dall’art. 9 della Convenzione Europea Diritti dell’Uomo di manifestare il proprio credo religioso. 

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ricorda che è importante garantire che, nel rispetto del pluralismo e della libertà altrui, la manifestazione da parte degli studenti delle loro convinzioni religiose all’interno degli istituti scolastici non si trasformi in un atto di ostentazione che possa costituire fonte di pressione ed esclusione. La Corte Europea, nel trattare il caso belga, ricorda di aver già statuito che il divieto di indossare simboli religiosi imposto agli studenti potrebbe rispondere proprio alla volontà di evitare ogni forma di esclusione e di pressione nel rispetto del pluralismo e della libertà altrui.

Con Sentenza n. 50681/20 del 16 maggio 2024 la Corte EDU Sez. II, ha escluso a maggioranza che vi fosse stata la violazione dell’art. 9 (libertà di religione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dichiarando il ricorso inammissibile. 

Il divieto è mirato a tutelare gli studenti contro qualsiasi forma di pressione sociale e di proselitismo.

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