… a proposito di astensione obbligatoria per maternità

Al fine di tutelare la funzione essenziale svolta dalle lavoratrici madri in ambito familiare e, più in generale, per garantire loro equità di trattamento in tema di pari opportunità in ambito lavorativo, l’art. 37 Cost. sancisce che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. 

Questi principi sono ribaditi nel Testo Unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità emanato con d.lgs. 151/2001.

Nella nostra legislazione ci sono, infatti, delle regole importanti in materia di tutela della genitorialità ed in particolare della maternità, dei diritti di civiltà orientati a favorire la conciliazione dei tempi di famiglia-lavoro; su questa materia è stato posto un quesito.  

Una lavoratrice madre ha chiesto il riconoscimento del diritto a fruire del congedo obbligatorio, oltre che nei cinque mesi di legge anche nei giorni in cui il figlio nato prematuro è  rimasto ricoverato in ospedale. La Corte Suprema di Cassazione Sez. Lav., con Sent. n. 10283/2018, ha precisato che Le diposizioni comunitarie e interne non contengono un obbligo di ampliare il congedo obbligatorio”, rigettando la domanda tesa al riconoscimento del diritto a fruire del congedo obbligatorio aggiungendo i giorni di ricovero del figlio nato prematuro. 

È però utile sottolineare che è possibile, invece, chiedere la sospensione del periodo di astensione obbligatoria per il periodo di ricovero del figlio/a, cosìcche la durata complessiva del beneficio obbligatorio non superi i 5 mesi previsti dalla legge.

La lavoratrice può optare per la sospensione dell’astensione una sola volta per ogni figlio, rinviando la fruizione dell’astensione obbligatoria a partire dalla data delle dimissioni del figlio/a.

Gli Associati possono leggere la Sentenza n. 10283/2018, Corte Suprema di Cassazione Sez. Lavoro.

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