Denunciare il collega non ti salva se hai commesso lo stesso illecito
L’art. 54-bis d.lgs. n. 165/2001 tutela le segnalazioni effettuate da un dipendente (whistleblower) ai propri superiori di illeciti altrui, con l’effetto di impedire che lo stesso dipendente, in ragione di tali segnalazioni, possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure direttamente o indirettamente discriminatorie per motivi collegati in modo diretto o indiretto alla denuncia. L’aver denunciato i comportamenti scorretti o illeciti dei colleghi non salva però il whistleblower dalle sanzioni, se si è macchiato delle medesime violazioni. Lo scudo accordato dall’art.54-bis al denunciante (whistleblower) contro eventuali ritorsioni da parte del datore di lavoro/dirigenti, non si trasforma in una esimente per i comportamenti illeciti da lui autonomamente posti in essere.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con ordinanza 9148/2023, respingendo il ricorso di una infermiera di una ASL sospesa per 4 mesi per aver svolto attività retribuita non autorizzata presso una struttura privata, per circa 8 anni, guadagnando poco meno di 30mila euro. A nulla importando il fatto che l’infermiera avesse denunciato l’analogo comportamento di altri colleghi.
La Sezione lavoro mette così un argine al “pentitismo” in ambito lavorativo chiarendo che non esistono salvacondotti per chi denuncia. Al massimo si potrà tener conto del ravvedimento nella graduazione della sanzione.
Da qui il principio di diritto riportato da Sole 24 Ore: “La normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. whistleblowing) salvaguardia il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce una esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo”.