L’uso/abuso di mezzi di correzione

Commette il delitto di abuso dei mezzi di correzione o disciplina chiunque vi abusa in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte (art. 571 c.p.). La norma è una delle più discusse del nostro ordinamento, sia per quanto concerne il variegato ambito di applicazione sia per quanto riguarda il suo contenuto, che ha dato origine a diversi contrasti interpretativi. Infatti, l’abuso dei mezzi di correzione previsto e punito dall’art. 571 c.p. presuppone … un uso consentito e legittimo di tali mezzi tramutato per eccesso in illecito (abuso).

Il 6 ottobre 2017 Papa Francesco ai partecipanti al congresso “Child dignity in the digital world” ha affermato il pensiero della Chiesa: […] “Ben consapevole che i fanciulli sono fra i primi a dover ricevere attenzione e protezione, la Santa Sede ha salutato con favore la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959) e ha aderito alla relativa Convenzione (1990) e ai due Protocolli facoltativi (2001). La dignità e i diritti dei fanciulli devono infatti essere protetti dagli ordinamenti giuridici come beni estremamente preziosi per tutta la famiglia umana”. 

Particolarmente esecrabile è l’uso/abuso di mezzi di correzione e disciplina posti in essere da un insegnante nei confronti dell’alunno. C’è un aspetto rilevante da sottolineare: uno scappellotto dato all’alunno nell’ambito di un rapporto educativo non può escludere il reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina e a nulla rileva il fatto che l’insegnante non lo reputi esorbitante rispetto a leciti mezzi di correzione, in quanto per la sua modesta entità non integra neppure una semplice percossa. 

La sentenza Cass. Pen., Sez. VI, n. 9954 del 10 marzo 2016, in allegato per gli associati, stabilisce che, ai fini della sussistenza del reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina, il perseguimento di una finalità correttiva o educativa è del tutto irrilevante, giacché, proprio a fronte della peculiare qualità del destinatario del comportamento, deve considerarsi preclusa qualunque condotta che assuma in concreto il significato dell’umiliazione, della denigrazione, della violenza psicologica oltre che della violenza fisica.

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