A casa il bidello assunto a t. ind., che 10 anni prima ha patteggiato una condanna per droga
I Giudici di merito, prima in Tribunale e poi in appello, ritengono legittimo l’operato del Ministero, dell’USR e della scuola, che ha licenziato il bidello, assunto con contratto a tempo indeterminato, che dieci anni prima ha patteggiato una condanna per reati in materia di droga.
Nella Sentenza 16 marzo 2022, n. 8631I Cass. civ., Sez. lav., i Giudici di terzo grado richiamano la normativa a cui faceva riferimento il bando che aveva portato all’assunzione del bidello. Nello specifico, in essa è stabilito che «non possono partecipare alla procedura coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per un delitto concernente la produzione o il traffico di dette sostanze e coloro che, per lo stesso fatto, sono stati condannati con sentenza definitiva o con sentenza di primo grado, confermata in appello, ad una pena non inferiore a due anni di reclusione».
Chiarissima, quindi, «la specifica ipotesi fattuale che escludeva» l’uomo dall’«ammissione al concorso».
È legittimo quindi il provvedimento nei confronti dell’uomo, «dichiarato decaduto dalla graduatoria provinciale e conseguentemente licenziato» proprio perché «è emersa a suo carico una sentenza di patteggiamento con l’applicazione della pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione e multa pari a 10mila euro» in a un reato in materia di droga.
Indiscutibile l’equiparazione tra la sentenza di patteggiamento e la sentenza di condanna, ribadiscono i Giudici.
Inutili, quindi, le obiezioni del lavoratore, anche perché in questa vicenda ci si trova di fronte a «una scelta che risponde alle esigenze proprie di un settore, quale è quello scolastico, che presiede alla funzione educativa e che è connotato da un ordinamento che poggia sull’elevato grado di affidamento richiesto dalla specificità delle mansioni proprie del personale dipendente (personale docente e personale ATA)», concludono i magistrati.
Per i soli nostri iscritti alleghiamo l’interessante Sentenza 16 marzo 2022, n. 8631I Cass. Civ. Sez. lavoro
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