Le modalità di vigilanza e il compito della Scuola
Da tempo la giurisprudenza (Cassazione Civile sez. III Sentenze nn. 6937 del 23.06.1993 e 12424 del 10.12.1998) ritiene che l’affidamento di un minore ad una Scuola comporti per il docente il dovere di vigilare, controllando con la dovuta diligenza e con l’attenzione richiesta dall’età e dallo sviluppo psico-fisico, che l’alunno non venga a trovarsi in situazione di pericolo con conseguente possibile pregiudizio per la sua incolumità dal momento iniziale dell’affidamento fino a quando alla Scuola non si sostituisca quello dei genitori/altri incaricati.
In parole diverse il docente ha il preciso dovere di vigilare sul minore affidatogli sino al momento in cui non avvenga il passaggio di testimone, cioè un altro soggetto non ne acquisisca in concreto il controllo (Cassazione Civile, Sez III, Sentenza 28.04.2017 n. 10516).
Discende dai principi richiamati che la valutazione dei rischi connessi all’obbligo di vigilanza debba essere operata esclusivamente dalla singola Scuola, in quanto non possono esserci modalità predefinite ed universalmente valide.
Cosi è opportuno che in relazione alle condizioni ambientali fra le diverse Scuole dello stesso o di diverso ordine o fra plessi diversi, vi sia la necessità di adottare protocolli operativi per la vigilanza differenti, perché diverse sono le condizioni ambientali di cui tenere conto e legittime le soluzioni organizzative differenziate in considerazione dell’età degli alunni, secondo un rigore inversamente proporzionale alla loro età e maturazione.
Età e condizioni ambientali sono dunque gli elementi di profonda incidenza sulle scelte delle misure organizzative della dirigenza scolastica.
Quel che rileva è che le misure organizzative scelte dal dirigente vengano formalizzate e portate a conoscenza delle famiglie, a cui saranno illustrate le ragioni delle decisioni adottate nell’esclusivo interesse della tutela dell’integrità fisica degli alunni, la cui responsabilità grava sulla Scuola.